Sta spopolando sui social la nuova app per trasformarsi in una bambola in scatola. Con ChatGPT bastano pochi passaggi per creare una miniatura personalizzata.
Sembrava un gioco da nerd, invece sta diventando una piccola rivoluzione estetica digitale. Dopo l’ondata di ritratti in stile Studio Ghibli, TikTok e Instagram sono invasi da action figure personalizzate create con l’app ChatGPT. Il fenomeno sta conquistando utenti di tutte le età e si diffonde a colpi di screenshot e reels.
Il concetto? Diventare una bambola con ChatGPT, confezionata in una scatola come quelle delle Barbie o dei pupazzetti vintage anni ‘90, accessori compresi. Tutto in modo virtuale, ma così realistico da sembrare quasi tangibile.
Come si fa a diventare una bambola digitale?
Il procedimento è semplice: bastano tre mosse. Si carica una foto intera (possibilmente ad alta risoluzione), si scrive un prompt dettagliato specificando nome, espressione e accessori, e si lascia che l’AI generi l’immagine. Il risultato è una miniatura digitale confezionata in blister, con tanto di logo, sfondo colorato e oggetti che raccontano passioni e personalità.
Per ottenere un buon effetto, è importante curare il prompt: si può scegliere il colore della scatola, l’etichetta, lo sfondo, l’espressione del viso e gli oggetti laterali. Il tutto diventa una fotografia dell’identità, tra ironia, stile e cultura pop.
L’app per trasformarsi in bambola esiste davvero?
In realtà non è un’app dedicata, ma una funzione dell’AI di ChatGPT con modello 4 e creazione immagini attiva. Gli utenti free hanno tre generazioni al giorno, gli abbonati possono sperimentare senza limiti.
Il prompt più efficace? Ecco un esempio:
“Create an action figure of a person inside a plastic box, with a smiling expression, casual clothes, and three objects on the side that reflect their hobbies: a camera, a cat and a frying pan. Label: ‘Martina – Cat Lover Edition’. Background: soft beige with playful graphics.”
Questa nuova mania non è solo una tendenza social. È uno specchio ironico e digitale della nostra voglia di giocare con l’identità. Come se il futuro dell’autoritratto passasse anche da una scatola trasparente.
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